FUOCO SULLA SPIAGGIA

30-03-2011

FUOCO SULLA SPIAGGIA Abbiamo invertito rotta. Dopo cinque mesi di navigazione, da sud adesso ci dirigiamo verso nord, torniamo verso 'casa' nella lontana Chesapeake bay. Ma non abbiamo fretta, non vogliamo lasciare troppo presto questo autentico paradiso. A nord è ancora inverno e le burrasche sono frequenti. Georgetown con le costanti trecento barche all'ancora è oltre cinquanta miglia più a sud. Qui i navigatori si disperdono, tornano a navigare soli o in piccoli gruppi come nel nostro caso. Le oltre 350 isole dell'arcipelago regalano ormeggi mozzafiato in abbondanza e si trovano facilmente calette tranquille e deserte. Si veleggia per miglia su una piscina turchese profonda non oltre 4 metri e, grazie all'assenza di onde ed all'eccezionale trasparenza dell'acqua, sembra di volare. Volare in silenzio con l'ombra delle vele e dello scafo che si riflettono sul fondo facendo balzare fuori dall'acqua pesci volanti argentei e mante dal dorso nero. Si veleggia fino davanti all'ormeggio grazie all'instancabile soffio del grande oceano che frange sulla parte opposta delle isole. In queste condizioni il motore rimane acceso per pochi minuti e ci si dimentica del prezzo al litro del gasolio. All'interno della laguna il pesce scarseggia ed è raro pescare qualcosa alla traina, cosa diversa invece quando si naviga in mare aperto dove con facilità si pescano tonni, dorado e barracuda. Le aragoste però sono abbondanti, sopratutto vicino ai 'cut', i passaggi stretti che permettono alle barche di entrare ed uscire dalla laguna. Si pescano anche a meno di un metro di profondità cercandole sotto le teste di corallo. Ecco quindi variare dieta e sbizzarrirsi in cucina provando l'aragosta non solo in insalata dopo averla bollita, ma anche con la pasta, alla griglia, fritta.... Sono le sette e mezza della sera ed il cielo ancora turchese ad oriente, si tinge di arancio ad ovest. La piccola spiaggia nell'isola di Great Guana Cay è di sabbia, ma per colore e consistenza sembra farina. La forma ad arco perfetto dove la turchese e placida acqua della laguna va a finire la corsa, sembra abbracciare le quattro barche a vela che sono ancorate davanti. Olte a Jancris c'è Amandla, la barca di Fabio ed Eleonor, amico italiano conosciuto nel 2006 nella caraibica Trinidad. Il catamarano Mei Wenti di Peter e Louise, coppia British DOC in compagnia dei quali abbiamo veleggiato nel 2008 lungo la costa del Maine e Nuova Scozia, e la piccola Calipso un 32 piedi di Bob, canadese, e Cristina (italo americana che non parla una parola di italiano...) incontrati a Georgetown. Abbiamo raccolto molti pezzi di legno e tante fronde di palma secche che bruciano benissimo. Le abbiamo accatastate su un angolo della spiaggia ridossato dal vento e Peter ha acceso il fuoco. Ogniuno di noi ha portato a terra qualcosa di aperitivo da condividere con gli altri, poi il proprio cibo da cucinare alla griglia e le proprie bevande. Un modo semplice, veloce ed economico per cenare con amici. Sedersi intorno al fuoco che arde vivace e raccontarsela per il piacere di stare in compagnia, di condividere una sera di luna piena su una spiaggia deserta dove non conta come sei vestito, se sei pieno di soldi, se hai una bella barca. Conta solo quello che sei veramente, non cosa hai. Il sole scompare incendiando il mare ed il cielo, mentre la luna enorme, entra in scena. Le braci sono pronte, si cucina. Racconti di terre lontane si intrecciano con esperienze interessanti, descrizioni delle proprie terre di origine, problemi di barche ed eventuali soluzioni. Una serata interessante, divertente e serena. Nel mondo parallelo al nostro, in Italia ad esempio, nello stesso momento le televisioni trasmettono immagini del disastro giapponese, della guerra in Libia, della crisi economica. Le persone sono colpite dalle immagini, si sentono impotenti. Vorrebbero fare qualcosa per cambiare questo mondo, ma cosa. Si vorrebbe alleviare il dolore di chi ha subito il terremoto, aiutare chi si ritrova in un Paese in guerra, dare speranza a chi ha perso il lavoro. Allora, davanti al fuoco che ancora arde sulla spiaggia penso, cerco di capire il genere umano come potrebbe uscire da un tunnel che si è scavato da solo. Come si è potuto costruire centrali nucleari in un paese a rischio sismico, come si potrebbe ripartire, fare finta che questo pazzo ventennio non sia mai esistito. Dal pianeta blu punteggiato da centiania di isolette bianche penso ai miei amici in Europa che soffrono senza una vera ragione, sono coinvolti umanamente in un dramma mondiale che l'individuo mai riuscirà a risolvere. Ecco quindi che mi viene la folle idea di tornare su Jancris e scrivervi di una serata intorno al fuoco, una serata felice in un mondo di disgrazie. Anzi, di mesi felici in un periodo nefando per il genere umano, ma per chi conosco questi mesi sono trascorsi normalmente. Ecco, è proprio questo che non capisco, che non mi piace. Non si può vivere come si è vissuto fino ad ora. Bisogna svegliarsi, cambiare stili di vita per cambiare il sistema. Per fregare chi ci sta sempre guadagnando, anche grazie a terremoti e guerre. Forse non esiste una ricetta per uscire dal tunnel, ma non si può fare finta che vada tutto bene e che il futuro sarà migliore perchè non è cosi, e lo sappiamo bene. PER CAMBIARE LE COSE PRIMA DOBBIAMO CAMBIARE NOI. Vi saluto, torno tra i matti velisti seduti intorno al fuoco.....ma siamo poi così matti???? Alfredo e Nicoletta


Per informazioni: jancrisjancris@hotmail.com